Monte Corno, pareva che io fussi in aria, il film

Monte Corno-Pareva che io fussi in aria del regista abruzzese Luca Cococcetta

Mondi paralleli che si sfiorano, quelli del film pluripremiato del regista aquilano Luca Cococcetta Monte Corno-Pareva che io fussi in aria in programmazione  in molte sale italiane:  la montagna arcaica, con i suoi codici silenziosi e l’altro, quello dell’uomo soggiogato dal richiamo magnetico delle cime,  in una gerarchia che lo vede  competere con la fisicità della terra, allora come ora. Siamo nel 1573, il 69enne Francesco De Marchi, uomo nuovo del Rinascimento  in stanza all’Aquila al seguito di Margherita d’Austria,  ingegnere militare, un Indiana Jones dei nostri tempi,   sommozzatore nel Lago di Nemi con un primitivo scafandro, vuole arrivare sopra  il Gran Sasso esplorato solo da locali cacciatori di camosci. Vuole la via, sfidare se stesso, ancora una volta o un’ ultima volta, morirà all’Aquila solo tre anni dopo. Ma il film si allarga dalla fiction al documentario, in un’ equilibrata alternanza di allora e oggi. Scopriamo, quindi, la storia dell’alpinismo, è Hervé Barmasse ad accompagnarci in cima con  riprese incredibili, è lui il puntino  che si muove fra le pareti rocciose, e la dimensione pastorale con l’uomo che guida il gregge per il suo “padrone”, il  linguaggio arcaico della transumanza che fronteggia  quello moderno della ricerca scientifica del GSSI e le parole drammatiche del geologo Mario Tozzi che aprono uno squarcio amaro sulla crisi climatica, sull’acqua. Si parla al passato  dell’ormai perso Calderone, il ghiacciaio più meridionale d’Europa era, è stato… ed il suo declassamento, cartina di tornasole di un cambiamento irreversibile. Un docu-film di circa 70 minuti con una fotografia eccezionale, scenari mozzafiato, un Abruzzo vertiginoso, una visione immersiva che parla a chi ama la montagna ma anche all’ uomo moderno e alle sue sfide. La dimensione di una catena montuosa madre di questa terra, che riempie di maestosità lo scenario, il fuoco degli uomini che tutto muove  in una geografia fisica che corrisponde a quella umana con le proprie frontiere da superare in una montagna che si allunga, matrigna o materna,  fra due mari .

Il film, che vede il contributo di molti professionisti e studiosi abruzzesi, è prodotto da Visioni Future,    società di produzione indipendente con sede a L’Aquila,   e dal Club Alpino Italiano